La vecchietta che salta da un camino all’altro e che regala giocattoli e carboni è a suo modo una metafora della giustizia, che premia e punisce a ragion veduta perché sa chi merita la ricompensa e chi il castigo. La Befana nasce dalla fantasia che ne ha costruito la leggenda e, come il suo omologo Babbo Natale, è molto più che un dogma: è una certezza assoluta per la sua natura astratta di essere irreale. Inoltre non è per niente condizionabile: sarebbe insensato contestarle un uso politico della giustizia. Del resto non risulta che si sia mai arricchita godendo di favori o compiacenze in cambio della sua costante fatica nell’arco dei secoli. La povertà è il suo orgoglio, l’abnegazione la sua forza, la giustizia la sua virtù. La cantò Giovanni Pascoli: «La Befana alla finestra – sente e vede, e s’allontana. – Passa con la tramontana, – passa per la via maestra, – trema ogni uscio, ogni finestra». Quanto sarebbe bello, e anche molto più serio, poter parlare almeno una volta di Befanopoli.
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