Relazione dei saggi al Quirinale (12 aprile 2013)

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CAPITOLO PRIMO

Diritti dei cittadini e partecipazione democratica

Il potenziamento dei diritti dei cittadini e della partecipazione democratica costituisce un pilastro fondamentale per rinnovare la democrazia e la vita pubblica.

6. Statuto dei partiti politici. La costituzione definisce il partito come una associazione di cittadini che si impegnano con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49). Con il tempo questo carattere di libera e nobile associazione politica si è affievolito tanto nella realtà quanto, e molto di più, nella percezione dell’opinione pubblica. L’insoddisfazione per le prestazioni del sistema politico si è indirizzata, come in tutti i periodi di crisi, principalmente contro i partiti.  La rilegittimazione dei partiti politici come strumento a disposizione di tutti i cittadini per partecipare alla vita politica del paese passa attraverso un loro rinnovato orientamento verso il bene comune e la responsabilità nazionale, ma decisiva è la determinazione dei caratteri minimi degli statuti che possano rassicurare il cittadino in ordine alla struttura e alle finalità di ciascuno. Tale esigenza ha trovato concretizzazione nella legge 96/2012 sul finanziamento dei partiti (v. più avanti par. 33) che all’art. 5 impone, al fine di ottenere la quota di finanziamento loro spettante, di trasmettere ai presidenti delle camere tanto l’atto costitutivo quanto lo statuto «conformato a principi democratici nella vita interna, con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze e ai diritti degli iscritti». È opinione del gruppo di lavoro che tale previsione sia troppo generica e rischi di dar luogo ad incertezze e contenziosi. Pertanto, appare opportuno proporre che ogni statuto preveda, per rispondere ai requisiti di democraticità richiesti dalla costituzione: a) gli organi dirigenti elettivi; b) le procedure deliberative che prevedano adeguata interazione tra iscritti e dirigenti nella formazione degli indirizzi politici; c) gli organi di garanzia e di giustizia interni; d) la istituzione dell’anagrafe degli iscritti e le condizioni per l’accesso, che dovrebbe essere garantito a tutti gli iscritti; e) l’equilibrio di genere negli organi collegiali e nella formazione delle candidature; f) le garanzie per le minoranze; g) le procedure per modificare statuto, nome e simbolo del partito.

7. Referendum costituzionale. Si propone di prevedere che le leggi di revisione costituzionale possano sempre essere sottoposte a referendum popolare confermativo.

8. Referendum abrogativo. Il gruppo di lavoro segnala cinque interventi che rafforzerebbero l’efficacia del referendum abrogativo come strumento di partecipazione dei cittadini: a) elevazione del numero delle sottoscrizioni in relazione all’aumento della popolazione (nel 1948 gli italiani erano poco più di 46 milioni); b) collocare il giudizio di ammissibilità del quesito da parte della corte costituzionale non dopo la raccolta di tutte le firme, ma dopo la raccolta di un certo numero, ad esempio 100.000, adeguate a comprovare la serietà della proposta; c) definire più precisamente i requisiti di ammissibilità anche per fronteggiare il ricorso esasperato alla «tecnica del ritaglio»; d) definire il quorum di validità del risultato calcolandolo nel 50 per cento più uno della percentuale dei votanti nella più recente elezione per la camera dei deputati; e) vietare, per un periodo determinato, di ripristinare la norma abrogata e comunque di aggirare il risultato referendario.