Unione eurasiatica in fermento

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Riunione dei rappresentanti di paesi aderenti al progetto eurasiatico

Sono stati firmati a Teheran cinque documenti per la cooperazione bilaterale tra l’Iran e il Kazakistan. Più in generale, si profila all’orizzonte la unione economica eurasiatica (Eea) per la integrazione in questa area geografica. L’iniziativa, presa da Vladimir Putin, viene letta come una alternativa all’unione europea, di cui sembra ripercorrere il tracciato formativo. Qualche osservatore si è spinto a immaginare una riproposizione per questa via dell’Unione sovietica attraverso l’inglobamento in una stessa entità sovranazionale degli stati che ne facevano parte e che non sono stabilmente confluiti nell’area occidentale.

Le strategie internazionali si svolgono secondo dinamiche che meritano attenzione, superando il rischio di una eccessiva attenzione sulle realtà del vecchio continente che ne determinerebbe una sorta di provincializzazione incompatibile con le evoluzioni su scala globale.

Già nella riunione in Kazakistan il presidente bielorusso Lukashenko aveva sottolineato che la nascita della unione eurasiatica si pone come la naturale e quasi fisiologica conseguenza della precedente unione doganale. Lo sviluppo di questo processo potrebbe avere ricadute economiche di enorme proporzione: si pensi a settori strategici come gas, petrolio e infrastrutture.

Comincia a profilarsi un grande progetto che impegnerebbe i paesi partecipanti in politiche sinergiche nei settori fondamentali delle rispettive economie. Se l’iniziativa rimanesse circoscritta a Russia, Bielorussia e Kazakistan (ma, come abbiamo notato, si affacciano paesi come l’Iran in cerca di una migliore collocazione internazionale), gli effetti sarebbero di notevole importanza.

Le persone coinvolte sarebbero centosettanta milioni e il Pil complessivo si aggirerebbe sui duemilasettecento miliardi di dollari.  L’allargamento rientra comunque tra le prospettive di più immediata realizzazione: sembra, per esempio, che l’Armenia, indecisa se rivolgersi all’Europa o all’Eurasia, si stia orientando per la seconda opzione.

In definitiva, si sta configurando un nuovo assetto geopolitico che inevitabilmente si ripercuoterà su una Europa avvitata su se stessa e ossessionata dalle imperative rigidità dei bilanci finanziari. L’Italia, che vi svolge un ruolo attivo, risulta in ritardo su altri versanti, trascurando per esempio il Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che conta su un bilancio di migliaia di trilioni di dollari.

N°108 martedì 27 dicembre 2016