Varianti e concerti

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Se è vero che due pellegrini indiani, padre e figlia, residenti nel Veneto,  immergendosi nel sacro fiume Gange provocano il trasferimento in Italia della variante indiana del Covid-19, allora è anche vero che «il battito di ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo», come affermato nel 1963 da Edward Norton Lorenz nel suo scritto su «Deterministic non periodic flow» che segna la nascita della teoria del caos.

Purtroppo il limite di ogni programma di distanziamento fisico e sociale è rappresentato proprio dagli imprevedibili spostamenti e dai comportamenti delle persone, talvolta poco razionali.

Sembrerebbe vero che a Barcellona, in una sorta di experimentum in vivo, cinquemila persone con test antigenico negativo all’ingresso abbiano assistito senza alcun distanziamento, ma con mascherine, a un «concerto test» al chiuso di un palazzetto dotato di ventilazione che garantiva un corretto ricambio dell’aria, senza che nei quindici giorni successivi si sviluppasse, come sarebbe stato prevedibile, alcun focolaio di Covid: in un rigoroso tracciamento durato appunto due settimane sono stati riscontrati soltanto sei casi di contagio da Covid-19, di cui quattro contratti in altre circostanze. La ricerca era stata approvata dal servizio di sorveglianza epidemiologica della Catalogna e i dati sono stati raccolti dai medici della fondazione Lotta contro l’Aids e le malattie infettive dell’ospedale universitario di Trias i Pujol.

Un accurato tracciamento, la mascherina e un sistematico uso dei tamponi, come anche l’isolamento e il distanziamento fisico, sono sicuramente utili, ma solo a chi li pratica veramente. Per fare tutto ciò occorre tuttavia una efficiente organizzazione e, soprattutto, l’attiva convinzione e collaborazione dei cittadini.

In Italia, e in molti altri paesi, abbiamo dovuto constatare che una rigorosa messa in atto di queste pratiche cozza contro una serie di difficoltà, come è stato dimostrato dagli spostamenti in Sardegna o in altri luoghi balneari di rilevanti gruppi di persone per la impellente necessità di trascorrere una nottata in discoteca o per l’irrinunciabile bisogno di degustare una tazzina di caffè in un gremito locale alla moda. Dopo oltre un anno di cosiddetto lockdown emergono inoltre, insieme con il disagio psichico ed affettivo, più consistenti bisogni esistenziali ed economici che meritano adeguate risposte.

Non c’è dubbio che il vaccino e la sua tempestiva e intelligente utilizzazione rappresentano tuttora lo strumento insostituibile e di massima efficacia nella lotta al contagio da Covid-19 come lo sono stati in passato per una serie di terribili morbi che hanno afflitto l’umanità.

Dalla scoperta di Jenner del vaccino contro il vaiolo, due secoli di storia della medicina ci insegnano che dobbiamo ai vaccini la scomparsa di epidemie, veri e propri «flagelli di Dio», di malattie infettive come il vaiolo, la difterite, il tetano, la poliomielite eccetera, che per molti secoli hanno rappresentato la causa di morte di gran lunga più frequente di persone appartenenti a tutte le classi di età, compresi i giovani e i giovanissimi. Insieme con gli antibiotici, introdotti soltanto meno di un secolo fa (1940) con la penicillina di Fleming, i vaccini rappresentano pertanto il più grande progresso della medicina e sono la principale ragione della migliorata qualità della vita e del rilevante prolungamento delle aspettative di vita.

Oggi il Covid-19 ci mette di fronte ad una mortalità che selettivamente colpisce le persone appartenenti alle classi di età più avanzate capovolgendo antiche prospettive di coinvolgimento della collettività ed imponendoci strategie vaccinali adeguatamente tarate.

Girolamo Digilio

Già primario e docente di clinica pediatrica all’università La Sapienza

Nella foto: giovani al concerto di Barcellona