Paolo e Angela a Berlino

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Paolo Gentiloni Silveri e Angela Merkel all’incontro bilaterale nella capitale tedesca

Mancano 3,4 miliardi all’Italia per rientrare nei parametri. Sullo sfondo incombe il pericolo di una procedura d’infrazione e da Bruxelles i richiami sono molto espliciti. Il commissario agli affari economici Moscovici ha dichiarato: «Alcuni paesi devono ridurre il deficit perché è un bene per loro, perché non possono vivere con troppo debito. Mi dispiace per l’Italia, ma ne sono veramente convinto». Dalla tribuna del vertice annuale di Davos il nostro ministro Pier Carlo Padoan esce allo scoperto e dichiara apertamente: «C’è un problema in Europa: si chiama Europa». E subito aggiunge: «Molti nostri problemi vengono da Bruxelles o da Francoforte».

L’impostazione è di ampio respiro e il nostro ministro, fianco a fianco con il direttore del fondo monetario internazionale  Christine Lagarde, va dritto al sodo: «Dobbiamo prendere molto sul serio il populismo. E non dobbiamo pensare che chiunque se ne senta attratto è cattivo. Magari ha paura per il futuro dei suoi figli». In conclusione, «è la visione che è mancata, soprattutto in Europa».

Di questi fuochi d’artificio non si parla invece a Berlino, dove il premier Paolo Gentiloni  rilancia con la cancelliera tedesca Angela Merkel l’idea di un vertice a tre chiamando a parteciparvi la Francia. Ma in tutti e due questi paesi, e forse anche in Italia benché non sembri probabile, vi sarà la verifica elettorale in questo anno. François Hollande è fuori gioco, ma non la Merkel, che dovrà vedersela con il socialista Martin Schulz appena uscito dalla presidenza del parlamento europeo proprio per affrontare la contesa politica in patria.

Per ovviare alle incomprensioni attuali Gentiloni ritiene necessario il superamento del rapporto di amore-odio che ha circondato negli ultimi tempi le relazioni tra l’Italia e la Germania. Ma di Europa anche questa volta non si parla se non per affrontare questioni specifiche e in particolare quella incandescente delle immigrazioni di massa. Solo Italia, Germania e Grecia fanno la loro parte, sostiene il nostro premier, mentre ci vuole uno sforzo comune, un’organizzazione giuridica che coinvolga tutta l’Unione. Ancora una volta ci si arrabatta intorno a una unione che è lontanissima dalla strutturazione federale, anche se si affaccia l’idea di una debolezza generalizzata verso gli Stati Uniti ormai schierati contro l’integrazione continentale e verso la Russia pronta a schiacciare il vecchio continente.

N°130 giovedì 19 gennaio 2017